Una Riforma per la Sanità Territoriale
Le Case di Comunità rappresentano una delle più grandi scommesse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per migliorare l’accesso alle cure sul territorio.
Con oltre 1400 strutture previste entro la metà del 2026 e un finanziamento di 2 miliardi di euro, queste strutture mirano a fornire servizi sanitari più vicini ai cittadini, alleggerendo il carico sugli ospedali. Tuttavia, al momento, molte di queste Case sono ancora poco operative.
A giugno 2024, su 413 strutture attive, molte funzionano con orari ridotti e servizi limitati, rendendo difficile per i cittadini comprenderne l’effettiva utilità.
Servizi Offerti e Sfide Organizzative
Le Case di Comunità dovrebbero garantire una vasta gamma di prestazioni, tra cui visite mediche di base e specialistiche, diagnostica di primo livello, vaccini e screening.
L’obiettivo è trattare casi meno gravi direttamente sul territorio, evitando accessi non necessari ai pronto soccorso. Tuttavia, un rapporto della Corte dei Conti ha evidenziato criticità significative: molte strutture non dispongono di personale medico adeguato e gli orari di apertura sono spesso limitati.
Ad esempio, in Lombardia, più di 120 Case di Comunità lavorano senza medici o con personale disponibile meno di 30 ore settimanali, nonostante dovrebbero essere operative almeno 12 ore al giorno, sette giorni su sette.
Il Futuro delle Cure Territoriali
Il successo delle Case di Comunità dipenderà in gran parte dalla disponibilità di risorse umane. Il Ministero della Salute sta considerando una riforma per integrare i medici di famiglia nelle Case di Comunità, assumendoli come dipendenti per migliorare la continuità assistenziale.
Alcune regioni, come Emilia Romagna e Toscana, stanno già sperimentando modelli avanzati, integrando nelle strutture piccoli pronto soccorso per i casi meno urgenti.
Questo approccio potrebbe rappresentare un modello da seguire a livello nazionale, ma richiede linee guida chiare per evitare confusione tra i cittadini.